Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo XVI by J.C.L. Simondo Sismondi

Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo - Tomo XVI by J.C.L. Simondo Sismondi

autore:J.C.L. Simondo Sismondi [Sismondi, J.C.L. Simondo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-12-04T23:00:00+00:00


Ma l'Italia, dopo la pace di Aquisgrana, non acquistò maggiore potenza politica di quella che avesse per lo innanzi, nè potè più che farsi per lo innanzi rispettare o temere dai suoi vicini; essa non trovò i suoi abitanti apparecchiati a difendere un nuovo ordine politico che loro non procacciava nè gloria nè felicità; e sebbene essa superasse quasi tutti i popoli del continente in popolazione ed in ricchezze, mai non ottenne di lunga mano il rispetto che aveva ottenuto al suo piccolo popolo il sovrano delle arenose marche del Brandeburgo. Il restante della storia generale d'Italia, dopo la pace di Aquisgrana, più non offre avvenimenti; gli scrittori periodici, che si credevano obbligati a dare le notizie dell'Italia nei loro giornali, per lo spazio di quarant'anni non intrattennero il pubblico che intorno a dispute teologiche, ad alcuni nuovi regolamenti fatti da' principi di loro motu proprio e senza consultare i loro popoli, di feste, di matrimonj, di funerali e di viaggi de' sovrani. Quegli avvenimenti ch'ebbero qualche influenza sui susseguenti tempi, si presenteranno opportunamente nella rapida occhiata storica de' varj stati dell'Italia.

Fino dal 12 giugno del 1675 la Savoja ed il Piemonte erano governati da Vittorio Amedeo II, che per altro non oltrepassava i trentaquattr'anni in principio del decimottavo secolo. Nel 1697 e 1701 aveva maritate le due sue figliuole ai due nipoti di Lodovico XIV, il duca di Borgogna ed il duca d'Angiò, poscia re di Spagna; ed aveva preso in principio della guerra della successione di Spagna il comando delle armate francesi e spagnuole in Italia, col titolo di generalissimo. Ma più che il paterno affetto era in lui potente l'ambizione; e nel 1696 egli aveva di già mostrato di non essere troppo scrupoloso osservatore delle sue promesse. Credeva di non avere più sicuro mezzo d'ingrandire i suoi stati, che quello di accordare la sua alleanza al migliore offerente; e se il Milanese veniva una volta in mano della casa di Borbone, poca speranza gli restava di fare nuove conquiste. L'imperatore e le potenze marittime gli fecero segretamente vantaggiose condizioni, ch'egli accettò in luglio del 1703. Il duca di Vandome, che aveva sotto i suoi ordini nel Mantovano un corpo di truppe piemontesi, avuto sentore dell'accaduto, le fece disarmare il 29 di settembre, ed il giorno 3 dicembre dello stesso anno Lodovico XIV dichiarò la guerra a Vittorio Amedeo[316].

Il duca di Savoja aveva preferiti alleati potenti, ma lontani, a quelli che lo circondavano da ogni banda, e ch'erano tuttavia abbastanza forti per punirlo crudelmente della sua diserzione. I suoi stati furono nello stesso tempo invasi su tutti i punti dalle armate francesi e spagnuole: tutta la Savoja fu conquistata; e Vercelli, Susa, la Brunetta, Ivrea, Aosta, Bardi, Verrua, Civasco, Crescentino e Nizza, furono successivamente occupate nel 1704 e 1705 dai duchi di Vandome e della Feuillade; la stessa capitale, Torino, fu assediata nel 1706; onde il duca quasi spogliato di tutti i suoi stati, fu forzato a cercare in Genova un asilo alla sua famiglia, mentre ch'egli si chiudeva in Cuneo.



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